


Testo della poesia sperimentale:
Roma. Passeggio distratta per la strada principale della città, lasciandomi guidare dalla mia mano che scorre su una lesione continua di un edificio di cui non riesco a percepire la fine. Mi fermo. Sono arrivata in prossimità di una porta. Una mano mi accarezza e mi sussurra qualcosa che ora non ricordo. Alzo gli occhi e vedo una persona entrare. Mi avvicino al ciglio della porta e guardo all’interno: una gran folla immensa. Molti sono scuri in viso, alcuni digrignano i denti, altri si passano la lingua sulle labbra. Una scena decisamente raccapricciante. In lontananza sulla sinistra mi colpisce un gruppo che vedo piangere e stringere qualcosa tra le mani. Ecco, adesso riconosco un uomo sulla destra. È un amico di famiglia. Gira con un cesto delle offerte in mano. Il gruppo visto precedentemente, lascia cadere ciò che teneva in mano in quel cesto. Poi alcuni di questi si buttano per terra, piangendo ancora più forte, gli altri invece soffrono in silenzio. Ad un certo punto quest’uomo indica una persona tra la folla, toccandogli la testa. Il suo gesto è osservato da molti, come se lo attendessero da tempo. Boato. Un gruppo irrompe con forza all’interno dell’edificio e rapisce la persona che era stata indicata, trascinandola con violenza dentro una botola aperta da uomini vestiti e mascherati di nero. La folla comincia agitarsi gridando il nome di questa persona e un dolore così grande mi trafigge il cuore. Rimango bloccata, come una statua di pietra. Poi mi ricordo solo le grida, le spinte e una rabbia indescrivibile. L’edificio trema. Sembra che crolli da un momento all’altro. All’improvviso vengo scaraventata a terra sulla strada principale della città dalla calca della gente che fugge dall’edificio. Trovandomi in questa nuova visuale molto bassa della città, mi accorgo del suo degrado e un odore nauseabondo, proveniente dai tombini, comincia a stordirmi la mente. Le mie mani e i miei piedi bruciano al contatto con il rovente manto stradale, alimentato da un fuoco ingannevole che chiamano “il cambiamento”. Chiudo gli occhi nella speranza che tutto questo sia solo un incubo, ma una volta riaperti mi rassegno al fatto che è la realtà. Tra le mie mani sento come un ruscello d’acqua e i miei vestiti cominciano a tingersi di rosso. La strada si è trasformata in un fiume di sangue. Spaventata, mi rialzo di scatto e mi accorgo che la strada non emana più alcun odore e calore. Stupita, ritorno davanti a quella porta. L’interno dell’edificio è completamente vuoto e un grande senso di colpa mi pervade l’anima. Rivolgo lo sguardo verso la strada: non c’è più nessuno. Sono sola. Il mio cammino inizia da qui. Ritorno periodicamente davanti a questa porta e rivivo quel momento, sforzandomi di cogliere altre sfumature. È un chiodo fisso a cui sono legata e dalla quale non riesco a staccarmi. Non voglio staccarmi e balzo avanti e indietro, come se questa catena che mi collega con questo chiodo del passato fosse un elastico, a cui sono vincolati anche tutti coloro che mi stanno a fianco. Un giorno scorgo in lontananza qualcuno davanti a quella porta. Incuriosita mi avvicino. Li riconosco: sono quel gruppo che aveva fatto irruzione tempo fa. Li vado incontro con una rabbia incontenibile e una volta trovata davanti a loro comincio a parlare, ma vengo interrotta da qualcosa. Non vedo nessuno, ma sento una mano che mi invita ad entrare all’interno dell’edificio. Anche loro si muovono insieme a me, come se fossimo tutti sincronizzati. Il silenzio del luogo mi disarma da tutti i miei giudizi, dalla mia visione della verità, dalla vendetta come via di giustizia, da tante cose. Mi fermo e ascolto. L’interno comincia a colorarsi di altre tonalità, che si riflettono su quel gruppo. Comincio a scorgere i lineamenti dei loro visi. Sono segnati da profondi rimorsi, che mi ricordano le lesioni dei muri esterni dell’edificio. Questi rimorsi sono il risveglio dopo un lungo periodo di ubriacature, in cui ci si lascia facilmente avvolgere da piacevoli illusioni che giustificavano qualsiasi cosa. Per questo è possibile uccidere una persona, perché in essa si vede soltanto una cosa. Da cosa nasce cosa, ma il destino dell’uomo è ritornare ad essere una persona. In piccolo ciascuno di noi confonde persone con cose. Io stessa gli avevo disegnati come mostri. Adesso non li vedo più così. Insieme a loro passeggio per le vie della città. Qualche volta ritorniamo al nostro luogo di incontro. Pur non avendo una memoria condivisa, ci rispettiamo lo stesso. Abbiamo provato a risarcire le lesioni dell’edificio, ma ritornano lievemente in luce, al minimo movimento di assestamento. Vivo in equilibrio tra passato e futuro, tra responsabilità e sentimenti, tra sofferenze e gioie. È un equilibro instabile, ma è l’equilibrio delle persone saggie di questo mondo. Ogni sbilanciamento è offuscato da paure, tristezze ed ipocrisie. Un giorno, mentre aspetto i miei amici vicino al nostro luogo di incontro, noto una persona che, camminando a fianco dell’edificio, passa la mano nelle vecchie lesioni. Mi affretto a raggiungerla, ma ha fatto in tempo a varcare la soglia della porta. Anche io entro, ma non noto nessuna persona. Provo a cercare, ma non trovo nient’altro che qualcosa di illuminato da una luce bianca soffusa. Si trova in prossimità della parte centrale dell’edificio. Mi avvicino. È un crocefisso. Sorrido. Esco e noto che le vecchie lesioni sono state riparate con un metallo che non ho mai visto prima. Ha delle venature di oro e argento e in alcuni punti sono incastonate gemme preziose di ogni colore. Ce n’è una che mi colpisce particolarmente. In quel momento arrivano i miei amici, gli stringo come se non li vedessi da tanto tempo, come se gli dovessi dire tante cose che solo ora ricordo.
Ricordo quella che ero, che sono e sarò sempre: una persona.
|
Commento al testo:
Iniziamo così il percorso di Ada con un’opera che rappresenta molto lo spirito di questo percorso stesso, ovvero uno spirito sperimentale, tecnico e artistico. Questo percorso ha al centro la persona con tutte le sue sfumature in tutti i campi. L’opera che vi presentiamo è una poesia-racconto sperimentale scritta a seguito di una conferenza della figlia di Aldo Moro, ovvero Agnese Moro. Agnese si è soffermata maggiormente sul periodo del rapimento e uccisione di suo padre e poi la successiva via di riconciliazione con gli assassini. Mi ha colpito molto come questa persona di grandi valori e spirito non sia riuscita a perdonare sinceramente gli assassini di suo padre. Certo che il perdono è un dono che una persona può sentire o non sentire. Non dipende da noi perché è anche un atto di abbandono verso qualcosa che di solito è più grande di noi. Allora ho pensato a qualcosa più grande di noi che possa aiutarmi a scrivere un riassunto dell’incontro cercando alla fine di portare il lettore a percepire e vivere il valore del perdono. Ho pensato alla luce. La luce è un elemento legato alla spiritualità e a qualcosa di veramente alto. In concreto ho preso un foglio e ho messo a lato lo spettro elettromagnetico della luce, ovvero una barra verticale che va dal colore rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola. Infatti, la luce bianca è portatrice dei colori che vediamo attorno a noi. Tutti noi abbiamo in mente l’immagine del prisma che scompone la luce nei diversi colori che sono quelli dell’arcobaleno.
Noi in realtà vediamo solo una piccola fetta dello spettro elettromagnetico della luce, ovvero le lunghezze d’onda che vanno da 780 a 380 nanometri, ovvero dal rosso al viola. Lunghezze d’onda appena maggiori sono gli infrarossi e lunghezze d’onda appena inferiori sono gli ultravioletti. Ogni cosa che ci circonda non è che abbia come caratteristica effettiva il colore che noi vediamo, è solo una nostra percezione. Facciamo l’esempio dell’erba. Noi la percepiamo verde perché il pigmento della clorofilla assorbe tutte le radiazioni del rosso, arancione, giallo, blu e viola e riflettono solo quella del verde. Ogni colore ha il suo significato e la sua energia. Se prendiamo il rosso, ci fa venire in mente il sangue, è un colore di forza e talvolta di violenza mentre i colori dal verde e blu sono più pacifici. Allora comincio a strutturare la storia concentrando nel rosso la parte del rapimento e uccisione di Aldo Moro, mentre nei colori verdi e blu ci sarà una riappacificazione con gli assassini. In particolare, scelgo il verde come colore in cui concentro il messaggio di perdono che voglio trasmettere. Si sa, il colore verde è il colore della speranza. Userò un artificio tecnico per fare questo salto, questo sbilanciamento verso il perdono. Comincio quindi a scrivere alcune parti della storia. Poi per strutturarla al meglio decido di applicare i colori dello spettro al rettangolo aureo che è composto da un quadro e un successivo rettangolo aureo che si può ulteriormente scomporre. Iterando questa scomposizione ottengo una serie di quadrati che convergono ad un punto. Ad ogni quadrato associo un colore dello spettro cominciando dal rosso fino al viola. Il punto finale è bianco ovvero la sintesi di tutti i colori.
Identifico il rettangolo aureo esterno con un edificio che rappresenta la comunità, la società, Roma, in parte anche la chiesa. Se costruiamo la curva nella diagonale di ogni quadrato ottengo una spirale. Questa spirale sarà proprio il percorso che la protagonista di questo racconto percorrerà. Se noi prendiamo un punto della spirale e la congiungiamo con il centro bianco otteniamo un raggio che rappresenta la lunghezza d’onda. Questa lunghezza d’onda, infatti, diminuisce sempre più mentre mi avvicino al centro. La protagonista si trova a Roma. Incomincia così la poesia. E percorre con la mano le lesioni di questo edificio. Le lesioni rappresentano le ferite e le difficoltà di quegli anni, ricordo che Aldo Moro è stato ucciso il 9 maggio del 1978. Queste ferite le riprenderemo alla fine della storia. Le frasi sul rosso sono corte e poi lunghissime proprio per rappresentare questa forte emotività e violenza delle parole. Alcuni punti sono lunghi dato che le lunghezze d’onda sono maggiori. Tra le righe c’è più spazio che rappresentano le pause tra una frase e l’altra. Queste pause sono anche dovute alle frequenze più basse del colore rosso. Mentre procediamo avanti le frasi si accorciano e anche gli spazi, dato che le frequenze aumentano. La mano che compare all’inizio della storia sul rosso desidero farla comparire anche sugli altri colori primari del giallo e del blu. La mano, infatti, ha un suo ruolo nella spirale. L’andamento infatti è antiorario. Nella meccanica razionale si prende la mano destra e l’andamento destrogiro ha energia uscente se si va in senso antiorario; quindi, l’energia della poesia riesce ad entrare maggiormente nel lettore. La mano che compare nel giallo e nel blu ha un ruolo importante, accompagnerà la protagonista nella storia. Quando siamo nel verde e poi nel blu la protagonista vede una persona che passa la mano nelle lesioni e poi entra nell’edificio. Incuriosita entra anche lei ma non vede nient’altro che un crocefisso in una luce soffusa bianca. Questo simbolo è al centro della spirale e le ricorda suo padre e la sua fede che lo ha portato a capire che la persona è al centro di ogni cosa e prima di tutto. La persona e la sua dignità. Questa è la frase che ricorda alla fine. Era una frase sussurrata all’inizio. Quando esce dall’edificio vede che le lesioni sono riparate da un materiale nuovo: è un metallo con venature di argento e oro. È in realtà un quasi cristallo, tema interessantissimo. Incastonato in questo metallo ci sono alcune pietre speciali. Ce n’è una che la colpisce ed è lo smeraldo, una pietra preziosa verde. È qui che avviene il salto, l’atto di abbandono al perdono. Cosa succede infatti alla protagonista? Si trova all’inizio del verde, ma la sua intensità e quindi ampiezza è piccola. Vedendo la pietra verde che ha una intensità massima, ricordiamo che lo smeraldo vale 8 nella scala di Mohs, va in risonanza con essa e si forma così una onda stazionaria. Ovvero un’onda con stessa lunghezza d’onda e stessa frequenza ma ampiezze diverse.
\
Questa onda genera un suono che muove tutto il resto. Infatti, se con una chitarra suono un LA, nel caso ci fossero altre chitarre vicino, queste vibrerebbero sulla stessa nota. Questo salto le permette di toccare qualcosa di alto e le permette soprattutto di trasmettere questa sensazione a chi le sta vicino. Per sottolineare maggiormente questo punto prendiamo in considerazione i punti di equilibrio che si rispecchiano nella storia. I punti di equilibrio nella scienza delle costruzioni sono tre: stabile, instabile e indifferente.
L’equilibrio più basso stabile, quello materiale si trova tra rosso e arancione. Mentre quello più alto instabile si trova tra giallo e verde. La nostra protagonista si trova proprio in questo punto, anche nella storia è descritto bene questo aspetto. Non riesce a fare il passo più avanti per paura di sbilanciarsi. Infatti, Agnese Moro dirà che il perdono sarebbe solo una ipocrisia se non la senti. Infatti, nel punto più alto di ha paura di fare un minimo passo in avanti. Si rimane fermi nel punto più alto che sembra possa essere la soluzione migliore ma in realtà nella vita è bene farsi cullare da tutti e tre i punti di equilibrio come sostiene anche il manifesto di ADA. L’arancione è un percorso in salita: è il percorso della riconciliazione con gli assassini. Nella storia ha voluto inserire anche la spirale del triangolo aureo a cui do una connotazione negativa. La spirale non coincide con quella del rettangolo aureo. Se messe a confronto il punto centrale della spirale del triangolo aureo si trova nel rosso. Prendo questa spirale per arricchire la mia storia. Questa spirale rappresenta il male e quindi il punto centrale sarà nero controbilanciato dal punto centrale bianco della spirale del rettangolo aureo.
Le persone che rapiscono Moro seguiranno quest’ultima spirale. Saranno vestiti di nero e porteranno via Moro da una botola a pavimento dell’edificio. La botola rappresenta al meglio il buco nero che è il punto focale di questa spirale del triangolo aureo.
Lo schema del rettangolo aureo è solo uno dei tanti espedienti per applicare lo spettro elettromagnetico della luce. Ci sono tanti altri schemi geometrici interessanti. Provate anche voi a scrivere seguendo la luce…





